Un tempo era più semplice, bastava immaginare Divinità ispiratrici, benevole o meno, cui affidare le nostre sorti, oppure Eroi mitologici dei quali imitare le gesta.
Era decisamente più semplice e il mondo si poteva dividere in tre sole categorie: sul gradino più alto gli Dei, che governavano, a seguire gli Eroi e in fondo alla scala noi umani.
Poi, e siamo nella Grecia del 500 A.C., anche con il notevole contributo di Euripide ecco che nel Teatro tragico penetra per la prima volta la critica agli abitanti dell’Olimpo, al loro egoismo, alla capricciosità, al modo volubile e rabbioso con cui essi ci trattavano..
Il Teatro, si sa, altro non è che una sintesi della vita, un luogo in cui, in uno spazio tempo circoscritti, possono condensarsi azioni, sensazioni, vicende, modelli.. un luogo in cui ogni spettatore può ritrovare qualcosa di sé da portare poi, una volta finito l’evento scenico, fuori, nella propria vita di tutti i giorni, in famiglia così come nell’ambiente di lavoro.
E così, dal teatro, questa critica alle Divinità, piano piano, si è diffusa e ha occupato ogni ambito, fino ai giorni nostri.
Abbiamo ancora bisogno di “esseri superiori”, irraggiungibili, da cui lasciarci ciecamente guidare o ammaliare? Oppure è proprio la nostra umana imperfezione, di cui cominciamo a essere via via sempre più consapevoli, quel qualcosa che ci rende diversi e speciali.. e che rende il nostro operare più vero e più efficace?
Oggi è in atto una trasformazione a tutti i livelli della società che non può essere ignorata, e questo concerne anche lo stile di Leadership.
Rispetto a un’idea di Leader autocratico, dominante, che interviene “dall’alto” con il proprio potere decisionale, da anni ormai gli studi confermano che il coinvolgimento del proprio team si rivela essere lo stile gestionale con risultati più efficaci all’interno delle organizzazioni.
Il leader ideale deve avere una forte coscienza di sé, essere pienamente consapevole delle proprie capacità e di come utilizzarle per raggiungere gli obiettivi.
Deve però essere anche credibile, meritevole di fiducia da parte dei membri del team e affatto presuntuoso.
Il vero leader è in grado di creare relazioni sincere e stabili con i propri collaboratori, di comprenderli e di farsi capire. Deve avere, inoltre, la capacità di guardare oltre, di coinvolgere e di gestire i conflitti.
Ma come stimolare un leader di “vecchio stampo” radicato da sempre nella propria individualità?
Per esempio, portandolo a considerare la possibilità di un cambiamento della modalità gestionale lavorando a stretto contatto con gli altri membri della sua squadra, spingendolo a fidarsi di loro, talvolta persino ad affidarsi a loro, riconoscendone valore e forza..
L’ osservazione della realtà e dei fenomeni di massa più evidenti possono essere d’esempio.
Valencia, Champion League 2018: pubblico in delirio per Cristiano Ronaldo in campo con la maglia della Juventus.
CR7, nemmeno più un nome, una sigla, sintetica come la parola GOD, un codice di tre segni per esprimere in breve la potenza, la forza, la bellezza, l’assoluto, la perfezione, appunto, di quello che, dallo status di Campione, è passato, in una fulgida carriera costellata di successi, a quello di “divinità”.
E questo con la complicità dei vari Club, che tengono i propri numeri uno “in una bolla meravigliosa”, come “Dei in terra “, appunto (la definizione è di Guillem Balague, giornalista e biografo non autorizzato del fuoriclasse portoghese).
Ronaldo, sin da giovanissimo, da quando ne hanno intuito il talento, non deve fare altro che giocare. A tutto il resto pensano gli altri, pagati per seguire i suoi capricci e le sue manie, per lasciarlo focalizzato sull’obiettivo dei goals. E lui, che è talentuoso e ambizioso, si impegna, si allena più duramente degli altri, porta la propria forza mentale ad un livello superiore, non umano, quasi. E più si allena, più segna, più l’aura divina si fa intensa e più si allontana da tutti gli altri: quando segna pare staccarsi deliberatamente dalla squadra per godere da solo di tutte le ovazioni..
Viene protetto da tutto e tutto gli è concesso, tant’è che neppure l’ombra di uno scandalo sessuale (un rapporto non consenziente, nel 2009) lo riesce ad intaccare in questa immagine di perfezione: ad oggi è l’uomo con più followers al mondo.
E invece no. A volte i segnali di cambiamento vanno cercati non nei grandi numeri ma nei piccoli gesti.
Sempre Valencia, sempre Champion league 2018, e sempre Ronaldo che, a un certo punto, inaspettatamente (anche a se stesso?) si abbandona a un gesto apparentemente innocuo, una tiratina di capelli a Murillo, l’avversario a terra. Forse è un piccolo gesto di sprezzante superiorità, forse, al contrario, di cameratismo.. Anche “i Ronaldo” possono incepparsi di tanto in tanto.. Ma da quell’inceppatura, dopo tanta perfezione mostrata, esibita in tutti i modi, nasce un qualcosa di poco chiaro, di non leggibile, ovvero passibile di più interpretazioni ..
Non finirò mai di sottolineare l’importanza della chiarezza nel proprio Body Language.. Ogni singolo gesto che compiamo dovrebbe essere consapevole e preciso, dovremmo sempre sapere quello che vogliamo comunicare e conoscere le conseguenze di ciò che esprimiamo con il linguaggio non verbale. Prendercene la responsabilità, anche.
Il gesto di Ronaldo alla fine risulterà essere un gesto ambiguo, e comunque non particolarmente simpatico o gradito.
Meno che mai all’arbitro Brych che, infatti sfodera il cartellino rosso.
Esplusione.
Ronaldo piange.
Lacrime che fanno il giro del mondo. Molti commenteranno che gli sta bene, che era ora (la Caduta degli Dei?) altri strilleranno che non è giusto, come hanno osato, che è una decisione senza senso..
E’ difficile interpretare le lacrime di un campione di questo calibro. Nell’animo può passare di tutto, dal senso di ingiustizia al vittimismo, dal pentimento all’incredulità verso di sé e verso la propria leggerezza, verso quell’assurdo perdere, anche solo per un attimo, il controllo.
Non sempre le lacrime sono segno di debolezza, a volte sono rabbia -e se nel caso del fuoriclasse si trattasse di rabbia o, comunque, di energia negativa, non andrebbe sottovalutata poiché, se non espressa, se non “lavorata” potrebbe portare poi a logorare, anche fisicamente, il corpo.
Quanta rabbia può esserci in un Dio?
Ma non è di quelle lacrime che voglio parlare.
E’, piuttosto, di come un episodio apparentemente infausto possa poi aprire mondi molto più vasti e interessanti.
CR7, ora Ronaldo, ora forse, semplicemente Cristiano, con il suo nome di battesimo, è lì sul campo. Un Leader autocratico che ora piange da sembrare un bambino.
Ed è a questo punto che tutti i suoi compagni, “tutti per uno uno per tutti,” lo circondano e l’aiutano ad alzarsi. e LUI SI LASCIA AIUTARE. E’ un gesto bellissimo, di alto sport. Finalmente uniti, finalmente insieme, finalmente un vero leader con il suo team.
Questo, per me, è il vero battesimo del Campione nella Juve, che mostra la propria imperfezione e guadagna così tanto in umanità.
Un esempio anche per noi, per diventare veri Leader di noi stessi: e forse dovremmo riportare questo modello di comportamento nella nostra vita, nei nostri luoghi di lavoro, nelle aziende, per imparare ad affrontare e risolvere le sfide con un atteggiamento nuovo, di apertura.
Ripartire da quelle mani, da quel condividere.. Ripartire con gli altri.